
La Storia delle Radio Private Calabresi. Cenni Storici
Se il giornalismo, per sua natura, è lo specchio della società e del periodo in cui si colloca, non si può dire lo stesso del giornalismo radiofonico delle radio private Calabresi. Per molti anni, infatti, l’editoria locale non ha nemmeno contemplato il radiogiornale, tantomeno la figura del giornalista. I primi timidi tentativi d’informazione si devono alla solerzia degli stessi proprietari o a qualche ex “baracchinaro”, deluso dalla pochezza del linguaggio CB.(1) Bisogna fare un tuffo nel passato per ricordare — o immaginare, per i più giovani — un mondo senza Internet, telefoni cellulari o persino il fax, per avere un quadro più definito di quell’informazione radiofonica che sarebbe diventata ciò che oggi conosciamo.Alle trasmissioni “grigie” della Radio Rai degli anni ’70, che contemplavano poche trasmissioni musicali, si contrapponeva la leggerezza delle radio locali, che facevano scivolare in secondo piano l’informazione giornalistica.
Quante volte, ascoltando la radio, si sentivano le stesse notizie stampate sulla Gazzetta del Sud o sul Giornale di Calabria, che solo qualcuno, per un minimo di pudore, si prendeva la briga di modificare. Piuttosto, al giornalista alle prime armi veniva chiesta l’arte di narrare un episodio, corredandolo di commenti personali.
Sono pochi i radiofonici ancora in attività che possono raccontare come fossero strutturate le radio private calabresi nella seconda metà degli anni ’70. Sicuramente nessuno, all’epoca, avrebbe immaginato la radiofonia privata come una professione. La trasmissione radiofonica locale del periodo, sotto un profilo più pedagogico, riproponeva il ruolo della comunicazione verbale, ovvero il recupero dell’oralità primaria, spesso legata ai costumi locali e contraddistinta da un linguaggio dialettale fortemente osteggiato dalla scuola, dalla stampa e dalla radiotelevisione nazionale.
La radio libera fu una novità assoluta che piacque a tutti, indipendentemente da luogo, classe sociale, cultura, sesso o età. Un’assoluta novità: un parlato pubblico da parte di qualcuno o qualcosa che pubblico non era, ma voleva esserlo. Per molto tempo, fu soprattutto un parlato italiano comune, al quale, dopo gli anni Settanta, si mescolarono le molte altre lingue usate in Italia: varietà regionali, dialetti, lingue minoritarie o straniere. Si passò da un monolinguismo essenzialmente basato sulla scrittura a un multilinguismo che rifletteva, filtrava, reinventava e amplificava il panorama sonoro dell’Italia contemporanea.
Una radio “bambina”, che comunicava molto e informava poco. Uno strano mezzo di comunicazione che metteva in contatto le persone in un’epoca in cui non esistevano alternative: emigrati al Nord che telefonavano alle radio calabresi per dedicare una canzone agli amici, ai malati in ospedale, ai compagni di scuola o alle fidanzate.
Emblematico è il ricordo della stazione radiofonica Radio Sila di Laurignano, in provincia di Cosenza, che leggeva in diretta sui 101 mhz— nel programma L’occasione per dirti che t’amo — i bigliettini (pizzini) lanciati dalle grate, contenenti saluti alle famiglie e agli amici dei detenuti del carcere circondariale di Colle Triglio.(2)
L’ascolto delle radio private e locali superava quello della radio nazionale perché il processo di comunicazione non era unidirezionale, ma relazionale: più individui — se non addirittura moltissimi — condividevano un insieme di significati comuni, per quanto leggeri o persino banali: tipo “comu stai, chittà mangiato oglìe?” (“come stai, cosa hai mangiato oggi?”). Non dobbiamo dimenticare il fortissimo legame che, ancora oggi, i calabresi hanno con il proprio dialetto, e che proprio grazie ai primi collegamenti con gli ascoltatori veniva utilizzato come strumento aggregativo. Immaginiamo quanto potesse essere forte il legame tra una comunità arbëreshë (3) e la “propria” radio locale.
Oi mà, cala la pasta che sto arrivando...
La discussione passava con disinvoltura dal colore dei capelli di un’amica ai commenti sulla sinistra extraparlamentare o agli scioperi generali indetti dalle prime sigle confederali. Era il periodo dello stragismo, quello degli anni ’70-’80, e — come accade ancora oggi con le crisi di governo, gli arresti eccellenti, i campionati di calcio o la carenza d’acqua — gli italiani e i calabresi discutevano via radio ogni argomento. Bastava cambiare frequenza.
In tutti i casi, la narrazione rappresentava la forma principale attraverso cui si trasmettevano notizie e conoscenze. La scarsissima informazione delle radio private “anno zero” si basava su una semplice regola sociale: il fatto tramandato oralmente, da bocca a orecchio, come accadeva nell’antichità. (4)
"L'Evoluzione del Linguaggio e del Giornalismo nella storia delle Radio Private"
______________________
(1) cfr https://it.wikipedia.org/wiki/Linguaggio_CB
Il cosiddetto linguaggio CB è un insieme di sigle, abbreviazioni e modi di dire in uso nelle comunicazioni radio nella banda cittadina, ed è frutto in parte dal gergo utilizzato dai radioamatori, principalmente alcune sigle del Codice Q e della sua iniziale clandestinità.
(2) Cfr https://it.wikipedia.org/wiki/Galleria_nazionale_di_Cosenza
La Galleria nazionale di Cosenza ubicata nell'antico Palazzo Arnone sul colle Triglio, in via G. V. Gravina a Cosenza è sede della Soprintendenza per i beni storici, fu prima sede del Tribunale e della Regia Udienza e col tempo assunse la funzione di carcere.
(3) cfr http://www.viv-it.org/schede/calabria
Oggi, nonostante la Calabria sia una tra le regioni in cui il dialetto in ambito familiare è ancora molto parlato (i dati Istat del 2006 riportano che in Calabria il 31,3% dei parlanti dichiara di usare in famiglia solo o quasi solo il dialetto), l’italiano è posseduto dalla maggior parte dei parlanti, anche qui, naturalmente, in larga misura nella sua varietà regionale. Numerosi i comuni calabresi, soprattutto nella provincia di Cosenza, in cui si parla ancora l’albanese antico, l’arbëreshë, delle colonie ottomane, stabilitesi in alcune località dell’Italia meridionale fin dal XIII secolo.
(4) cfr https://it.wikipedia.org/wiki/Tradizione_orale
Si definisce tradizione orale il sistema di trasmissione, replicazione e rielaborazione del patrimonio culturale in un gruppo umano esercitato attraverso l'oralità, senza l'utilizzo della scrittura. Dalle epoche remote, durante le quali l'uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l'oralità è stata sempre il sistema privilegiato di trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso, rapido ed immediato da usare. La tradizione orale comprende quindi forme quali narrazioni, miti (in particolare cosmogonie), canti, frasi, leggende, favole. Ogni sistema di tradizione orale è comunque abbinato ad un insieme di forme di trasmissione delle usanze, dei riti, delle tecniche, delle pratiche, dei gusti, dei comportamenti, della cinestetica dei corpi. Questi aspetti sono appresi e rielaborati in parte per via verbale ed in parte mediante altri sistemi simbolici, nonché tramite l'imitazione e la sperimentazione. https://it.wikipedia.org/wiki/Tradizione_orale
PARTE SECONDA